lunedì 19 marzo 2018

Il governo governato

  Nihil est sine ratione, diceva Leibniz; detto diversamente, tutto ciò che esiste ha una causa, o meglio una serie di cause efficienti. I governi esistono, quindi anche l’azione di governo sottostà a questa legge ontologica. Da indicare, tra le cause del governo, il diritto grazie a cui certe persone governano: in passato, esso veniva da azioni di forza, da eredità o da elezioni oligarchiche, oggi prevale il suffragio universale, domani chissà. Se tuttavia ci atteniamo alla causa immediata dei governi, questa non è altro che la coscienza dei governanti, e l’elemento essenziale di tale coscienza è o dovrebbe essere il concetto del bene, quello della Nazione, del popolo, insomma il bene generale. Nel corso dei secoli, le società umane hanno individuato nell’elezione popolare il mezzo che più di tutti dà alle nazioni un governo mosso da questo concetto, eppure è del tutto evidente che, ancora una volta, il perseguimento del bene non è garantito. Compiuta l’opera di persuasione, difatti, nelle aule governative la voce del popolo comincia spesso a giungere flebile, o distorta, mentre è stentoreo il richiamo degli affaristi, ai quali tali politici finiscono col somigliare, quando non sono addirittura la stessa persona. Nulla di intrinsecamente malvagio nell’abilità ad arricchirsi, ma una politica che, anziché includerne le dinamiche nella propria azione di governo, si fa governare da chi la possiede, non è più rispettabile delle politiche che ci siamo lasciati alle spalle.