martedì 21 agosto 2018

Destino

  Il pensiero che vaga liberamente, stanco dei freni, stanco di credere alle stranezze sacrali entro cui una certa religione lo teneva in custodia. Dove va? È un bene o un male che quel cervello pensi, senza riverenza verso ciò che i pedagoghi vi introdussero quand’era fanciullo, senza dare per certo che le opinioni prevalenti nella società siano quelle giuste, le migliori possibili? Indubbiamente c’è qui un pericolo, e non da poco. Salvo un miracolo, l’errore è garantito, e può essere tanto grave da cagionare danni irrimediabili, a sé e agli altri, se non la morte prematura, la propria, quella d’altri, quella del mondo. Sì, forse era meglio credere alle favole, quelle che avevano la virtù di trattenere l’uomo dalle brame deleterie, tranquillizzandolo con l’immagine fantastica di un’estensione più grande di ogni possibile estensione terrena, infinita, nell’oltremondo. Certo, questo è viver come bruti, ma meglio bruti, o incompleti, che rovinati o morti. Poi c’è l’ideale: il pensiero che, nel suo libero volo, arriva a comprendere tutto ciò che deve assolutamente comprendere, e lo fa prima che sia troppo tardi.

martedì 7 agosto 2018

Revisione del peccato


    La dualità ordinario – straordinario corrisponde a un fatto non solo nella manutenzione di certi oggetti, ma anche in psicologia, e ciò in riferimento alla soddisfazione. Le cause, rispettivamente, sono dette naturali o culturali. La soddisfazione ordinaria è comune a tutte le specie viventi: essa risponde a esigenze basilari, che si ripresentano nel corso della vita, con frequenze diverse, quali respirazione, idratazione, alimentazione, escrezione. Altra è la soddisfazione procurata da un incremento della propria estensione spazio - temporale, che è consentita da una manipolazione di enti naturali, frutto d’ingegno, la creazione di oggetti variamente funzionali. La soddisfazione naturale è il portato della conservazione di sé, mentre quella straordinaria, culturale, è dovuta alla propria espansione nello spazio - tempo. Storicamente, l’uomo europeo è il primo soggetto in cui la tendenza all’espansione, in molteplici direzioni, si è manifestata nel modo incessante a noi ben noto; egli l’ha poi trasmessa, o imposta, al mondo tutto, originando l’attuale situazione planetaria. La popolazione umana è (2018) di circa sette miliardi e mezzo, e aumenta costantemente. Di questi, i più non desiderano semplicemente nutrirsi, ma anche deliziare i propri palati; non solo vestire i propri corpi, ma sfoggiare capi alla moda; non solo muoversi da un luogo a un altro nelle vicinanze, con calma, ma raggiungere velocemente e comodamente qualsivoglia parte del pianeta. Ciò avviene in misura ineguale nella popolazione, secondo come disposto dalla dea Fortuna. Molti si concedono più libertà di quanto non accadrebbe se ad essa fosse sempre ben unito il rispetto, anche nei confronti delle entità naturali. Il costo di tutto ciò ha finito da tempo di essere una questione del tutto interna alla nostra specie. L’aria e l’acqua si inquinano per i residui industriali e intestinali, il mare si riempie di plastica, il suolo si inaridisce, la varietà floristica e faunistica si riduce. Le ripercussioni di tale processo espansivo sono ormai manifeste, sotto forma di disagio generale, di intossicazioni e tumori, di decessi innaturali. Senza un’inversione di tendenza, senza la coscienza, l’impegno di tutti, la Terra comincerà ad assomigliare a Marte o a Venere, e di ciò l’uomo sarà al contempo causa e vittima.

   Tornando alla psicologia, se ne conclude che la soddisfazione straordinaria, almeno nella fattispecie comune, concreta, è ingannevole. Ecco dunque rivisto il peccato alla luce della ragione, fuori dalla teologia.