martedì 21 agosto 2018
Destino
Il
pensiero che vaga liberamente, stanco dei freni, stanco di credere alle
stranezze sacrali entro cui una certa religione lo teneva in custodia. Dove va?
È un bene o un male che quel cervello pensi, senza riverenza verso ciò che i
pedagoghi vi introdussero quand’era fanciullo, senza dare per certo che le
opinioni prevalenti nella società siano quelle giuste, le migliori possibili? Indubbiamente
c’è qui un pericolo, e non da poco. Salvo un miracolo, l’errore è garantito, e può
essere tanto grave da cagionare danni irrimediabili, a sé e agli altri, se non la
morte prematura, la propria, quella d’altri, quella del mondo. Sì, forse era
meglio credere alle favole, quelle che avevano la virtù di trattenere l’uomo
dalle brame deleterie, tranquillizzandolo con l’immagine fantastica di
un’estensione più grande di ogni possibile estensione terrena, infinita,
nell’oltremondo. Certo, questo è viver
come bruti, ma meglio bruti, o incompleti, che rovinati o morti. Poi c’è l’ideale:
il pensiero che, nel suo libero volo, arriva a comprendere tutto ciò che deve
assolutamente comprendere, e lo fa prima che sia troppo tardi.
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