Nella maggior parte dei vocabolari, l’anima
(e lo stesso dicasi per alma, âme, soul,
seele), è in primis una proprietà dell’essere umano, ed è un principio, il
“principio vitale”. Cioè, nulla di scientifico. Tuttavia il termine, per
brevità e icasticità, può attualizzarsi come sinonimo di sistema nervoso, il
circuito percezione-azione dei metazoi, vitale sì, ma al pari degli altri
sistemi fisiologici. Il centro raccolta dati, collegato dai nervi ai margini,
riceventi e trasmittenti, nell’uomo si distingue, nel bene e nel male, per misura
e qualità. Vi si formano i pensieri, quelli giusti e quelli sbagliati, quelli
nobili e quelli meschini, a seconda di quali e quante informazioni vi entrano,
da prima ancora della nascita, nonché di come queste si dispongono, si
confrontano, si trasformano. Il variare, all’esterno, delle occasioni, e del sostrato
neurologico all’interno, segnano le differenze da persona a persona, per cui avremo
profondità o semplicità, bellezza o maledizione, oppure quella frigidità che fa
parlare di assenza d’anima. Ciò compreso, si fa evidente il criterio per valutare
e progettare il dovere, anzitutto quello dei genitori e di quanti altri si
occupano di infanzia e di scuola, poi del lavoro in genere: operare all’esterno
dell’anima per consentirle percezioni benefiche e preservarla da quelle deleterie;
e al suo interno, per agevolare le capacità cognitive, approfondire la ragione,
curare le disfunzioni psichiche e prevenirle, anche attraverso le scoperte
della genetica. Il resto, nel
rispetto dei diritti primari di tutti, va lasciato ai processi selettivi naturali. Così
procedendo, e se il mondo non finirà prima, è possibile una generazione umana che
superi in valore gli altri animali, cosa attualmente negata, perché nell’uomo,
in media, le altezze sono neutralizzate dai loro contrari.
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