venerdì 16 febbraio 2018

Sovrani e sudditi

  C’erano una volta i re, c’era la disuguaglianza di fatto e di diritto, il rispecchiamento di un ordine immutabile, stabilito dalla natura, o da Dio, che poi è lo stesso, essendo questi il Creatore Pantocràtore. Tale ordine voleva che i territori abitati dall’uomo fossero società composte di un principe sovrano e dalla schiera dei suoi sudditi, divisi in vari livelli o caste. Accadde poi, dopo molti libri, scontri e ammazzamenti, prima in un Paese, poi in un altro e in altri ancora, che tutti i sudditi, anche quelli più umili, furono dichiarati sovrani. Non doveva più essere che un uomo stesse sopra, più in alto, più libero di tutti gli altri, né che qualcuno subentrasse al suo posto dopo morte o rinuncia. Fu solennemente proclamato che ognuno ha diritto a una parte di potere, la stessa di ogni altro, almeno nell’essenza. Si attribuì la sovranità, termine che fu conservato, all’insieme dei cittadini, al popolo, inteso come tale insieme, sotto cui non restava dunque che il territorio stesso, con i suoi minerali, piante e animali. 
  Tuttavia, a una svolta epocale, dopo secoli di immobilità, non ci si può adattare da un giorno all’altro, ci vuole tempo, esercizio, pazienza. Ecco perciò apparire quelli che fraintendono grossolanamente il senso dell’avanzamento, attribuendosi il diritto anche di rubare, picchiare e ammazzare chicchessia. «Non era forse questo che i re ordinavano ai loro sgherri, quando pareva loro? Solo che io lo devo fare da me, il più delle volte». Facile vedere come questi soggetti non abbiano ben compreso che l’accesso alla sovranità riguarda loro come ogni altro cittadino, perciò i casi sono due: o si finisce nel bellum omnium contra omnes con relativo crollo della condizione umana, o si coniuga la libertà con il rispetto generale, come dovrebbe essere sempre. Eppure, una piccola parte di nuovi despoti, quelli particolarmente abili nel settore degli affari, trovano modo di riprodurre, per molti aspetti, la figura del monarca, al punto di compiere atti illeciti senza veder scalfito il loro potere, che dai campi dell’economia e della finanza si estende a quelli della stampa e della politica. Questo strano fenomeno è reso possibile da chi non si sente degno dell’emancipazione. «Io “sovrano”? Grazie, ma non mi incantate, in tutta onestà sono e resto suddito, sovrano ditelo a quelli ben più forti di me». Più il numero dei timorosi è elevato, più la sovranità popolare resta allo stato di desiderata, e la rivoluzione democratica si mostra come un processo lento e incerto.



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